Buoni pasto in smart-working: la carota che non giustifica un pessimo contratto
(Notizie fuori dal tavolo n.2) Buoni pasto in smart-working: la carota che non giustifica un pessimo contratto.
Perché il prossimo contratto non risolverà il problema dei buoni pasto, malgrado le apparenze.
Nell’ultima bozza che l’Aran ha predisposto per la contrattazione sul rinnovo del CCNL delle Funzioni Centrali compare la previsione della corresponsione dei buoni pasto a chi sta in smart-working, nella versione lavoro agile.
Finalmente si dà riscontro ad una richiesta che USB P.I. ha sempre avanzato sin dai tempi del Covid e reiterato nell’ultimo periodo anche con una raccolta di firme sul problema complessivo dei buoni pasto https://www.usbpi.it/campagne/buoni-pasto-buoni-a-nulla.
Si sana in questo modo un’ingiustizia perpetrata ai danni di chi lavora in smart, ingiustizia amplificata dal fatto che per chi utilizza il lavoro da remoto il riconoscimento ai buoni pasto era già presente nel precedente CCNL e che in alcune amministrazioni è esteso anche a chi utilizza il lavoro agile.
Ma il problema dei buoni pasto non si può limitare a questo.
Il problema urgente da risolvere, e che riguarda centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici del pubblico impiego, è quello dell’adeguamento del suo valore nominale al costo della vita. Con 7 Euro, il valore attuale, è impossibile che sia garantito un pasto decente in qualsiasi territorio d’Italia. Impossibile. Tutt’al più è garantito un panino, e neanche troppo imbottito, e una bottiglia piccola di acqua. Un piatto di pasta, alimento base dell’italica dieta mediterranea, si aggira ormai intorno ai 12/14 Euro.
A questa necessità non c’è alcuna risposta nel contratto.
E non poteva essere altrimenti dal momento che l’adeguamento dei buoni pasto rappresenterebbe un costo. Costo che il Governo non ha alcuna intenzione di sostenere per i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego. Gli insufficienti stanziamenti per il contratto ne sono la riprova tangibile.
Garantire il buono pasto agli smart workers viceversa non rappresenta un aggravio di costo, ma un mancato risparmio di uno stanziamento che calcola tutti i possibili fruitori, senza decurtare chi lavora in smart, chi è in malattia o in aspettativa…e quindi, forse, si può anche fare. E si poteva anche fare senza che intervenisse il contratto.
Bene quindi avere sanato un’ingiustizia, ma la domanda che ci poniamo è questa: possono essere carotine come questa, messe davanti a chi è pronto a firmare, a giustificare la sottoscrizione di un contratto che non garantisce nemmeno l’adeguamento al costo della vita?
Firma anche tu la petizione per un buono pasto adeguato