Cassazione Sentenza n. 18927/2012.

Vessato sul lavoro? "Risarcibile anche senza mobbing"

Roma -

Un lavoratore ha diritto a un risarcimento danni per aver subito comportamenti "vessatori e mortificanti", anche se non viene raggiunta la prova che si tratti di vero e proprio mobbing. A sancirlo e' la Cassazione, esaminando il caso di una donna, la quale aveva subito "azioni vessatorie" ai suoi danni da parte del datore di lavoro e di colleghi, che l'avevano portata infine al pensionamento anticipato.

"Nelle ipotesi in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrita' psico-fisica in conseguenza di una pluralita' di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di lavoro di natura asseritamente vessatoria - si legge nella sentenza n.18927 della sezione lavoro della Suprema Corte - il giudice del merito, pur nella accertata insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare tutti gli episodi addotti dall'interessato e quindi dalla configurabilita' del mobbing, e' tenuto a valutare se alcuni dei comportamenti denunciati, esaminati singolarmente ma sempre in relazione agli altri, pur non essendo accomunati dal medesimo fine persecutorio, possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e, come tali, siano ascrivibili alla responsabilita' del datore di lavoro che possa essere chiamato a risponderne, ovviamente nei soli limiti dei danni a lui imputabili". "Se anche le diverse condotte denunciate dal lavoratore non si ricompongano in un unicum e non risultano, pertanto, complessivamente e cumulativamente idonee a destabilizzare l'equilibrio psico-fisico del lavoratore o a mortificare la sua dignita' cio' non esclude che tali condotte o alcune di esse, ancorché finalisticamente non accomunate, possano risultare, se esaminate separatamente e distintamente lesive dei fondamentali diritti del lavoratore, costituzionalmente tutelati"